Cosa farai da grande?


Guardi, vorrà forse dire qualcosa

che nessun bambino cui si domandi

“e tu, cosa vorrai fare da grande?”

risponda filosofo, o poeta.

Aderiscono i bambini alla vita

come miele, come colla come

zucchero filato spalmato sulle

mani sulla faccia, come labbra

al seno della mamma, come gomma

con cui fare una grande bolla

lo stato naturale è per loro

normale, piangere mangiare e poi

evacuare e dormire fiduciosi

sognare un risveglio di sorrisi

 

Ancora non sanno adolescenza

che in agguato li aspetta infida

al guado, e scalpitante brama

buttarsi nella nebbia confusa

si posa su ogni cosa una occhiata 

delusa, come gas instabile 

si dilata nube senza confini

pervasa di ormoni si ingrossa

come schiuma, ti graffiano mille

perché e futuro non è più “cosa

farai da grande”, mentre pianifichi

programmi il fastidioso presente

già s'infila nelle tue mutande

 

Ma perché uno dovrebbe volere

conoscere un filosofo, un poeta?

Guardate che è più raccomandabile

un buon padre di famiglia, sua figlia

se vi piace, ma il poeta ciò

che ha da dare son parole morte

rime storte ferme sulla pagina

o declamate, ma il resto, l’uomo

meglio non conoscerlo, anzi se lo

vedete schivatelo, lui e il suo ego

invadente, blocca ogni passante

 

Leggetelo invece, amerete

conoscerete la parte migliore

sognerete forse, ma la sua vita

privata, successione di albe 

serate come tante, scacciatela

con un gesto, lasciatelo andare

 

Voglio aspettarli uomini che

non scrivono, vivono, non fingono

si possano fare le cose insieme

non lasciano traccia duratura ma

spargono ricordi dell’esempio che

imperituro dura, e qualcuno

ne coltiverà il lascito, incerto

in apparenza, in realtà scolpito

nell’anima dagli atti quotidiani

sono semi gettati a piene mani

con fiducia nella loro forza:

se accolta, domani non si scorda

 

Devi però averli conosciuti

in carne ed ossa, averli osservati

vivere, sentito la loro voce

respirato l’odore, il sudore

invocato perdono, maledetto

se serve, pregato il paternostro …

così si trametterà vita viva

non un capestro di carta e inchiostro

 

L’illusione che le parole scritte

possano lasciare eredità

più potente, è vana, resta sì ciò che

si è scritto ma ognuno vi legge

ciò che vuole, e nessuno più sa

se chi scrisse allora ancora ama.

L’uomo vissuto scompare dietro le

parole, restano pagine forse

stimolanti a volte, saranno i

posteri a giudicare, ma quello

che di te speravi sopravvivesse

è solo lo specchio di chi legge,

riflette promesse, non le manterrà

 

Un abbraccio perduto al presente

non vale un giorno chino su carte

non vale il tempo speso a coltivare

questa arte, tracotante sogno di

durare nelle parole figlie di

paura del futuro, pur sicuro, che

se dei giovani ne muore qualcuno

dei vecchi non se ne salva nessuno

spesso rimpiangendo la risposta

sbagliata alla domanda lontana:

e tu, cosa farai mai da grande?